Dolore!
Straziante, trafiggente che lacera e spezza il cuore, frammenta il respiro, che piega in due e fa cedere le gambe! Disperazione per la perdita incolmabile di una persona amata. Smarrimento infinito, più feroce ed intenso quanto più, chi perdiamo, ci è tanto vicino essendo parte di noi, come un figlio! Una sofferenza che ci accompagnerà per tutta la vita, dove tutto ciò che ci circonda ci parla nel ricordo, di qualcuno tanto amato.
Quando eventi così terribili ci colpiscono si ha bisogno di capire, trovare una ragione per placare quel senso di angoscia, orrore, smarrimento o anche rabbia. I notiziari e tante immagini recenti ci hanno mostrato volti, luoghi, orrore, disperazione di quel che è accaduto a Newtown nel Connecticut. Ci siamo immedesimati in chi piange le vittime. Un dolore che poteva essere il nostro o, forse, conosciamo profondamente per averlo già vissuto!
La tristezza ed il dolore sono emozioni spiacevoli d’intensità variabile, caratterizzate da un senso di malessere interiore. Una sofferenza che si vorrebbe scacciare e far terminare in fretta ma che generalmente è assai persistente e può portare a stati depressivi di una certa rilevanza, talvolta fino alla morte!
Queste emozioni possono favorire sia sentimenti di rabbia, orrore, angoscia, ma anche compassione, pietà, amore che, empaticamente, ci predispongono alla relazione con l’Altro. Questi sentimenti risultano estranei ai sociopatici o a chi è colpito da sindromi particolari come quella di Asperger.
Le persone che vivono questa condizione, hanno reazioni inadeguate nella reciprocità affettiva, con insensibilità, indifferenza e difficoltà nell’interpretare l’espressione emozionale dell’altra persona. A livello cognitivo possono esser capaci di descrivere con una correttezza formale le emozioni altrui, le loro aspettative e perfino le convenzioni sociali. Questo, però, non li rende capaci di quell’agire spontaneo ed intuitivo necessario a relazionarsi col prossimo. Il loro linguaggio è pedante e monotono. Hanno un’insufficiente comunicazione analogica (non verbale) che è invece costellata da movimenti maldestri e posture bizzarre. I loro interessi sono ripetitivi e circoscritti come per esempio occuparsi ossessivamente del tempo, degli orari ferroviari, di eventi visti in tv che vengono memorizzati meccanicamente rivelando così una comprensione eccentrica e limitata. Sono predisposti all’isolamento, tanto che, nell’insieme, non saranno in grado di sviluppare atteggiamenti amichevoli o empatici col prossimo.
Ma tutto questo non è sufficiente per trasformare in sociopatici sadici e pericolosi o freddi assassini come nel caso di Newtown. Probabilmente il terreno fertile che rende tali sono stati una concomitanza di fattori. I giornali ci hanno parlato di una madre che collezionava armi da fuoco e che usava al poligono di tiro portandosi dietro i figli. Uno dei quali con gravi carenze socio relazionali e che pare non provasse dolore, neppure quello fisico. Un figlio che ucciderà la madre con uno dei suoi fucili, sparando in pieno viso che, guarda caso, è la sede d’elezione delle espressioni emotive. Lei lo stimolava alacremente a primeggiare, lasciandolo lunghe ore solo, in balia di quei videogames dove si simulano combattimenti, guerriglie, ci si ferisce senza dolore e si “muore” giusto il tempo per ricominciare la partita.
Luoghi dove la sofferenza è una distorta imitazione nelle smorfie di stereotipati e minacciosi personaggi. Quasi sempre immersi in scenari sanguinari e violenti, dai cupi colori in ambientazioni soffocanti. I suoni in sottofondo sono ripetitivi, composti da particolari frequenze, che, insieme alla tensione per la competizione, vanno a stimolare il sistema dopaminergico, (sistema relativo alla ricompensa e alla motivazione). Non c’è bisogno di essere nati con particolari caratteristiche genetiche per diventare dipendenti di certe dimensioni virtuali. Succubi di un contatore che mostra impassibile punteggi di vittorie, sconfitte, bonus, nemici uccisi o anche succubi del gioco d’azzardo compulsivo. Un mondo dove la tensione si può trasformare in rabbia ossessiva e continuare a giocare, ore ed ore, pur di vincere e sconfiggere il computer: una macchina senz’anima.
Dove non c’è una competizione più emotivamente sana come quella di una gara giocata fra esseri umani o più funzionale tramite una pedana che, interagendo col computer, rende divertente l’esercizio fisico altrimenti noioso e ripetitivo. Un luogo, il virtuale, dove l’amarezza della sconfitta o la gioia per la vittoria non è condivisa dalla vicinanza dei compagni di squadra. Il potersi guardare negli occhi, leggendo ed esternando sentimenti attraverso le espressioni del viso, favorisce l’apprendistato emozionale così necessario per sviluppare empatia e quegli atteggiamenti pro sociali come l’ amicizia, la cooperazione e la solidarietà.
Un luogo dove è alto il rischio per chi è predisposto da particolari sindromi psichiatriche, di non vedere i confini tra il mondo virtuale e il mondo reale. Mondi paralleli che a un certo punto possono collassare in uno solo e portare “il gioco” virtuale nella realtà della vita vera. Sembra che possa succedere questo a molti, forse anche al killer di Newtown.
Lo stesso giorno dell’eccidio, si è acceso nuovamente il dibattito sul facile acquisto delle armi, sebbene le armi, stavolta, il killer le aveva in casa. Non sono mancate voci di coloro i quali invitavano ad armarsi tutti per difendersi da situazioni del genere. Si son visti, nei giorni successivi, bambini che avevano sottratto una pistola trovata a casa per portarsela a scuola. Un evento che ha visto il Presidente americano, firmatario di nuove norme sulla vendita, la tracciabilità delle armi e la violenza dei media. Che lo vedono in prima linea “combattere” contro una lobby assai influente, la quale non si fermerà ed attuerà nuove strategie per raggiungere i potenziali clienti. Anche attraverso la suggestione di squallidi costumi di scena.
Quello che può sconfiggere un fenomeno tanto pericoloso, che provoca danno e tanto dolore, non è solo nel proibizionismo o nella sua legislazione, ma anche attraverso un diverso atteggiamento. Un atteggiamento che si ottiene mediante la conoscenza, l’impegno e la sensibilizzazione su tutto ciò che vi è ad esso collegato. Questo può diventare “l’arma” più efficace per combattere il fenomeno stesso, come è successo proprio negli Stati Uniti contro il tabagismo che in pochi anni ha letteralmente ribaltato le posizioni. Se una volta fumare era segno di potenza, virilità, fascino e successo adesso è visto come un comportamento riprovevole che sottolinea debolezza, dipendenza, cattiva qualità di vita per malattia e morte precoce.
Per essere anche noi promotori di un diverso atteggiamento riguardo la violenza e le armi, dovremmo intanto riflettere che al di là della difesa o della minaccia, un’arma ha caratteristiche lesive e che la sua funzione ultima è quella di uccidere e che da li non si torna più indietro.
Alla luce dei recenti fatti di cronaca, potremmo trarne insegnamento per il nostro ruolo di genitori, nonni, zii o educatori. Ruoli tesi ad una vigilanza attiva dei più giovani senza prevaricarne gli spazi ed assisterli per esserne alleati. Non lasciarli soli o troppo tempo alle prese con i media dove la violenza e il pericolo sono subdolamente in agguato. Permettere loro di fare esperienza informandoli per tempo delle conseguenze che talune azioni potrebbero avere, in modo che riescano a proteggersi per scegliere ed agire nel modo più efficace per se stessi e gli altri. E’ pur vero però che per svariate ragioni potremmo non sentirci o non essere all’altezza di questo compito. Allora rivolgiamoci con fiducia verso quegli operatori e associazioni che hanno gli strumenti per poterci aiutare ad assolvere questo impegno, per “far squadra” all’interno della famiglia, del gruppo e della comunità.
Senza dubbio un impegno difficile, ma che, promuovendo salute ed armonia, ci possa rendere Persone migliori nella consapevolezza della propria forza ottenuta dal coraggio che deriva dalla paura. Per avvicinarci sempre più a quello che veramente vorremmo essere: noi stessi.
“Ci sono cose per le quali sono disposto a morire, ma non ce n’è nessuna per la quale sarei disposto ad uccidere” (Mahatma Gandhi)
(Dr Laura De Pasquale Psy)
Link di riferimento articolo:
http://www.nytimes.com/2012/12/16/nyregion/friends-of-gunmans-mother-his-first-victim-recall-her-as-generous.html?_r=0
http://it.wikipedia.org/wiki/Sindrome_di_Asperger
http://it.wikipedia.org/wiki/Videogioco#Conseguenze_psicologiche
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/12/29/usa-senatore-rockfeller-chiede-studio-su-correlazioni-videogames-e-violenza/456424/
http://en.wikipedia.org/wiki/Video_game_controversies
http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/1145234/Usa–strage-a-scuola–un-piano-di-morte–Il-killer-ha-usato-le-armi-della-madre.html
http://qn.quotidiano.net/esteri/2012/12/15/817400-strage-massacro-usa-killer-bambini.shtml
Normally I do not learn article on blogs, but I would like to say that this write-up very forced me to try and do so!
Your writing taste has been surprised me.
Thank you, very great post.